Ricorso per  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (c.f.
97163520584), in persona del Presidente p.t., ex lege rappresentata e
difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587) presso
i cui uffici domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12, fax
06-96514000, pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it 
    Nei confronti della Regione Abruzzo. in  persona  del  Presidente
della  Giunta  regionale  pro  tempore,  per  la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale della legge regionale 18  giugno  2018,
n. 14, recante «Disposizioni in materia  sanitaria»,  pubblicata  sul
BUR Abruzzo n. 65 del 20 giugno 2018. 
    La legge della Regione Abruzzo del 18 giugno 2018, n. 14, recante
«Disposizioni    in    materia    sanitaria»,    presenta     profili
d'illegittimita'  costituzionale  in  quanto  invade  la   competenza
esclusiva statale in materia di «ordinamento civile»,  in  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, ledendo
altresi' il precetto costituzionale di eguaglianza di cui all'art. 3,
della Costituzione. 
    In particolare l'art. 1, rubricato «Disposizioni  in  materia  di
sanita'  convenzionata»,  al  comma  1,  riconosce   ai   medici   di
continuita' assistenziale,  fino  alla  data  di  approvazione  della
delibera della Giunta  regionale  n.  398  del  18  luglio  2017,  un
compenso  aggiuntivo,  che,  ai  sensi  dell'art.  13,   «Trattamento
economico», comma 1, dell'Accordo integrativo regionale approvato con
delibera G.R. n. 916 del 9 agosto 2006 e' pari a  euro  4/ora,  quale
indennita' per i  rischi  legati  alla  tipologia  dell'incarico;  il
successivo  comma  2  precisa  che  detta  indennita'   «si   intende
finalizzata  alla  remunerazione  delle  particolari   e   specifiche
condizioni  di  disagio  e  difficolta'  in  cui  vengono   rese   le
prestazioni sanitarie al fine di garantire i  livelli  essenziali  di
assistenza  e  del  contributo   offerto,   anche   in   termini   di
disponibilita', allo svolgimento di tutte le attivita'...». 
    Il riconoscimento del predetto compenso  aggiuntivo  si  discosta
dai principi che ispirano l'Accordo collettivo nazionale  di  settore
che regola le attribuzioni degli incarichi ai medici  di  continuita'
assistenziale,  preposti  ad  assicurare  prestazioni   assistenziali
territoriali non differibili. 
    In particolare, l'art. 67, comma 1, dell'ACN 29 luglio  2009,  di
modifica dell'ACN del 2005 stabilisce che «Il medico  di  continuita'
assistenziale assicura le prestazioni sanitarie  non  differibili  ai
cittadini residenti nell'ambito territoriale afferente alla  sede  di
servizio». 
    Il comma 17 del medesimo  articolo  stabilisce  inoltre  che  «Il
medico di continuita' assistenziale partecipa alle attivita' previste
dagli Accordi regionali e aziendali.  Per  queste  attivita'  vengono
previste quote variabili aggiuntive di  compenso,  analogamente  agli
altri medici di medicina  generale  che  ad  esse  partecipano.  Tali
attivita' sono primariamente orientate, in  coerenza  con  l'impianto
generale del presente Accordo, a promuovere la piena integrazione tra
i diversi professionisti della medicina generale, anche  mediante  la
regolamentazione di eventuali attivita' ambulatoriali». 
    Da  tali  disposizioni  deriva  che  ai  medici  di   continuita'
assistenziale  possono  essere  attribuite  altre  attivita'  che  si
aggiungono alle normali funzioni istituzionali, ma  queste  ulteriori
attivita' devono essere stabilite dagli Accordi collettivi  regionali
e aziendali  e  per  la  remunerazione  delle  stesse  devono  essere
previste quote variabili aggiuntive di compenso. Non possono, invece,
essere previsti compensi aggiuntivi, volti ad indennizzare il  medico
per le particolari e specifiche condizioni di disagio  e  difficolta'
in cui vengono rese le prestazioni sanitarie da  esso  svolte,  posto
che, come sopra indicato,  le  predette  quote  variabili  aggiuntive
costituiscono  la  possibile  remunerazione  delle   sole   attivita'
attribuite al medico in aggiunta rispetto a quelle istituzionali e la
corresponsione del  relativo  compenso  prescinde  dalle  particolari
condizioni in cui e' resa l'attivita' assistenziale. 
    Inoltre, pur avendo l'art. 23 dell'Accordo  collettivo  nazionale
29 luglio 2009  (di  modifica  all'art.  72,  comma  1,  dell'Accordo
collettivo nazionale 23  marzo  2005)  eliminato  il  riferimento  ai
«compensi lordi omnicomprensivi per ogni ora di attivita' svolta», va
tuttavia segnalato che l'art. 72, nella nuova formulazione,  contiene
pur  sempre  il  riferimento  alla   rideterminazione   dell'onorario
professionale, prevedendo  che  «A  far  data  dal  1°  gennaio  2008
l'onorario professionale di cui all'art. 72,  comma  1,  dell'ACN  23
marzo 2005 e' rideterminato in € 22,03  per  ogni  ora  di  attivita'
svolta...»; tale riferimento deve, ad  ogni  modo,  intendersi  quale
trattamento omnicomprensivo. 
    Alla luce di quanto rappresentato, con le previsioni  di  cui  ai
commi 1 e 2 dell'art. 1, la legge regionale in questione esercita una
competenza non propria, atteso che, ai sensi dell'art.  8,  comma  1,
prima parte, del decreto legislativo n. 502 del 1992, il rapporto tra
il servizio sanitario regionale, i medici di medicina  generale  e  i
pediatri di libera scelta e' disciplinato da apposite convenzioni  di
durata triennale, conformi agli accordi collettivi nazionali. 
    Ed invero, quando -  come  nel  caso  in  esame  -  un  contratto
collettivo nazionale determina, negli ambiti di  disciplina  ad  esso
riservati da una legge dello Stato, le materie e  i  limiti  entro  i
quali deve svolgersi la contrattazione collettiva integrativa, non e'
consentito ad una legge regionale derogare  a  quanto  in  tal  senso
disposto dal contratto collettivo nazionale. 
    Pertanto  l'art.  1  della  legge  in  esame,  e  l'intera  legge
regionale avente carattere normativo omogeneo  (essendo  composta  di
soli due articoli tra loro inscindibilmente  connessi),  invadono  la
competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento civile», alla
quale e' riconducibile la contrattazione collettiva, violando in  tal
modo dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione,  e
ledendo altresi' l'esigenza connessa al  precetto  costituzionale  di
eguaglianza di cui  all'art.  3,  della  Costituzione,  di  garantire
l'uniformita', sul territorio nazionale, delle regole fondamentali di
diritto che disciplinano i rapporti in questione.